La Civiltà Japigia

Nel X secolo AC dalle foreste della Daunia alle coste del Mar Jonio il popolo dominante erano gli Japigi; gli antichi che erano entrati in contatto con quella civiltà lo descrivevano come un popolo arrivato in Apulia da oriente. Erodoto raccontava che gli Japigi erano dei naufraghi cretesi che avevano trovato riparo sulle coste salentine al tempo di Minosse, Varrone invece racconta che erano degli Illiri che guidati dal re Dauno avevano attraversato il mare. Secondo gli studiosi moderni sembrerebbe che entrambi avessero ragione: gli Japigi sarebbero stati una civiltà “multietnica” formata da elementi di provenienza micenea da una parte ed illirica dall'altra che si sarebbero integrati nel corso del XI secolo a.C. con popolazioni indigene. Plinio, per confondere ancora di più, da parte sua racconta che dall'altra costa dell'Adriatico giunsero degli Illiri guidati dal re Messapo, nome che sarebbe poi passato all'intera popolazione, i Messapi ma che secondo altri sarebbero arrivati più tardi ed avrebbero prevalso sugli Japigi.
La loro lingua fu un idioma che si era evoluto dall'antica lingua pelasgica ed aveva forti connotazioni dell'illirico, tanto che oggi si ritiene avesse assonanza con il moderno albanese. Secondo gli studiosi è proprio la lingua che segna l'unitarietà etnica delle popolazioni antiche che abitarono la Puglia a partire dall'età del ferro, infatti i diversi nomi di Japigi per le comunità che abitavano il sud della regione e di Apuli per quelli che abitavano il nord sarebbe in effetti corruzione di uno stesso termine “Iapudi” che i greci, con una lettera d (delta) che fra due vocali diventava g (gamma), hanno trasformato in Japigi mentre i sanniti, in lingua osca trasformarono la d in l, pronunciando quindi Apuli; Japiges e Apuli erano lo stesso popolo che i loro vicini chiamavano in modo diverso a causa della diversa pronuncia. Questa coincidenza del nome trova una conferma indiretta nelle Tavole Eugubine dove il popolo che si trovava ai confini dell'Umbria era chiamato Iapudes e la terra da loro abitata Iapudia da cui deriva Apudia e quindi Apulia.

La Civiltà Japigia, scudo

Gli Iapudi erano quindi un popolo di origine illirica arrivati nel sud della penisola come ultima tappa di una lunga migrazione che li aveva visti scendere da nord provenienti dalla Dalmazia dove si erano installati provenienti dalla Grecia meridionale. Erano greci “marinari” che si erano fusi con i greci “barbari” della Macedonia; questa origine arcaica comporta l'integrazione di caratteri della cultura micenea con quella macedone e se della prima prevalsero le manifestazioni di tipo estetico, della seconda si imposero i valori guerrieri, eppure gli Japudi dell'alto Adriatico erano una civiltà matriarcale.
Gli storici sono ormai d'accordo nell'indicare il X-IX secolo a.C. come il tempo del loro arrivo in terra apula già abitata da popolazioni autoctone che si definiscono oggi proto-appenniniche e con le quali non ci fu solo integrazione pacifica perchè gli Japigi erano portatori di una civiltà diversa non più fondata solo sull'agricoltura e la pastorizia ma anche sui commerci e su una diversa organizzazione della comunità. Non sappiamo molto sull'organizzazione amministrativa ma certamente le tracce ritrovate dagli archeologi indicano che preferivano avere degli abitati grandi con funzione accentratrice ed attorno cui ruotavano piccoli complessi funzionali solo all'agricoltura e all'allevamento.

Mura messapiche di Manduria, VIII secolo a.C. - Manduria, Taranto IT

Con gli Japigi nacquero le città delimitate da mura e fossati come a Manduria difesa da tre cinta di mura e da due fossati secondo una tecnica di costruzione per cui il materiale prelevato per ottenere i fossati, profondi fino a quattro metri, veniva poi utilizzati per costruire le mura. Certo non tutte le comunità erano difese in questo modo, a volte si riteneva sufficiente costruire palizzate di legno che però, quando gli abitati si trovavano sulla costa, diventavano dei muri di pietra come ad esempio a Salapia.
Gli Japigi erano poi un unico popolo diviso in tre tribù che si divisero il territorio: i Dauni che si insediarono al nord, i Peucezi al centro ed i Messapi al sud. Le tre tribù che nel IX secolo avevano un'unica identità culturale con il passare del tempo, anche per effetto di un pacifico fenomeno di integrazionecon le genti autoctone, finirono con il differenziarsi al punto che i primi studiosi li consideravano popoli distinti.
I Dauni che si insediarono nel nord trassero dalla mitologia greca le loro origini imputando all'eroe di Troia Diomede la scelta di essersi insediati nelle terre che dal promontorio montuoso del Gargano arrivavano fino alla pianura costiera dei laghi salati.

Diomede soggetto di un vaso apulo del III sec..a.C.

Erano forti guerrieri come il loro mitico condottiero e le loro tombe sono rimaste a testimoniare la loro civiltà segnalate da reperti unici, le stele. La loro civiltà guerriera poggiava su valori di identificazione dei singoli con la comunità che in qualche modo sono riusciti a superare le barriere dei secoli se nello scholia del Alexandra attribuita a Lycofrone di Calcide si legge:
Avendo Diomede costruito delle stele su tutta la pianura, quando questo morì, Dauno le volle gettare in mare: ma quelle, dopo essere state gettate, tornarono di nuovo indietro dall'acqua e furono ritrovate erette nello stesso luogo da cui erano state mosse.
Di queste stele ne sono state ritrovate circa 2000, integre o frammentate, e le più belle sono esposte nel Museo Archeologico di Manfredonia. Dal loro studio stanno emergendo elementi che fanno luce su questa civiltà che non può essere considerata solo dominata dai valori della guerra perchè alcune stele rappresentano archetipi femminili.
Nella cultura funeraria dei Dauni si ritrovano gli elementi propri degli Illiri dell'alto adriatico: le stele funebri con rappresentazioni di scene figurate.

Stele Dauna – Museo archeologico di Manfredonia, IT

Guardando poi agli episodi mitici che vi sono rappresentati si individuano i personaggi della grande guerra tra gli Achei e Troiani che i loro antenati avevano combattuto accanto ai troiani. La corrispondenza dei personaggi e delle vicende sebbene rappresentate da un altro punto di vista conferma le leggende sulla fondazione delle città daune da parte di superstiti della guerra in cui si confrontarono i popoli dell'Ego con quelli dell'Asia Minore ed i loro alleati di origine tracia come loro. Il simbolo che indica questo popolo è il pavone che si ritrova in molte stele, animale sacro del popolo trace dei Paviones.
Da queste enorme mole di testimonianze litiche ancora non emergono gli elementi che ne consentono una più chiara decodifica dei simboli per la ostruzione di un percorso che ne consenta la comprensione ed una più certa datazione.
Alcune informazioni sono invece emerse, relativamente ad un successivo periodo, in un'area più interna della Daunia, o meglio in quella che fu la Capitanata di Federico II: nel castello svevo di Lucera sono state individuati in alcuni massi di pietra di reimpiego dei segni in cui lo storico Marincola ha riconosciuto 50 ideogrammi ed altri segni appartenenti alle tre forme della scrittura cretese-micenea e databile al XVIII secolo a.C.. Questi massi sembra appartenessero ad un tempio pagano in cui fu poi ricavato un edificio di culto cristiano. Il ritrovamento è importante perché si tratta del primo esempio di scrittura micenea fuori dall'Egeo ed andrebbe a confermare la storia di Erodoto secondo cui dei cretesi che stavano tornando dalla Sicilia, dove il loro re Minosse era morto, naufragarono sulle coste del Gargano dove decisero di fermarsi fondando Uria e poi altre città tra cui quella che sarebbe diventata la Luceria dei romani.

Ceramica micenea proto-geometrica, 1300 a.C. - Collezione archeologica Faldetta, Brindisi IT

Il collegamento con la civiltà micenea è peraltro confermato dai ritrovamenti della ceramica daunia che ripetono alcuni motivi tipici della ceramica cretese-micenea.
I ritrovamenti archeologici hanno dato conto di queste similitudini visibili soprattutto nella produzione ceramica di cui sono stati rinvenuti molti esempi nelle necropoli. La ceramica che si può sicuramente definire “daunia” risale al VIII sec. a.C.; in questo periodo ed almeno fino al V secolo la produzione veniva realizzata a mano ed oggi viene definita ceramica geometrica protodaunia.

Olla daunia a decorazione monocroma modellata a tornio lento,h. 28 cm, IV sec. a.C.

Sono vasi di argilla raffinata di color crema o nocciola che vengono realizzati a mano o tutt'al più modellati con il tornio lento e poi rifiniti con argilla liquida. Le decorazioni sono monocromatiche di colore bruno o nero-opaco ed i motivi geometrici ma, seppure semplici, accurati; le forme sono globulari, ovoidali, piriformi e si realizzano olle di grandi dimensioni come brocchette.
Le officine si trovano concentrate in due città, Herdonia e Canosa e sarà quest'ultima che già dal V secolo inizierà a produrre anche decorazioni bicromatiche per poi passare anche a decorazioni plastiche sicuramente sotto l'influenza ellenica in corrispondenza con l'incremento dei traffici con le città dell'Egeo.
I Peucezi andarono ad occupare quella che poi sarebbe divenuta la terra di Bari. Tra le più importanti città dei Peucezi c'è Caelia o Kailìa, individuata nei pressi Ceglie del Campo nel comune di Bari; il suo nome in lingua japigia significhebbe “altura” con chiaro riferimento alla sua posizione geografica.

Vaso con scena dionisiaca e battaaglia, attribuito al pittore Dario, IV secolo a.C. proveniente da Ceglie – Collezione Koller, Antikensammlung Museum, Berlin D

Gli elementi che con caratteri di unicità consentono di definire la civiltà dei Peucezi o Peugeti sembrano essersi affermati non prima del VII secolo a.C., tanto che gli storici li considerano più arretrati rispetto ai Dauni ed ai Messapi. La ragione sarebbe da individuare nella loro localizzazione distante dagli influssi della civiltà della Magnagrecia che arrivava necessariamente mediata per l'interposizione dei Dauni rispetto alle colonie dell'area Campana e dei Messapi rispetto all'importante colonia spartana di Taras.
Inoltre, sebbene molte città dei Peugeti si trovassero sulla costa, gli scambi diretti tra le comunità costiere e le città greche iniziarono solo con il maggiore sviluppo di queste ultime a partire dal V secolo a.C.
Dall'incontro con la civiltà ellenistica i Peucezi ebbero un forte impulso e la loro civiltà arrivò a produrre i meravigliosi vasi apuli che il saccheggio perpetrato da tutti i dominatori che si sono succeduti a partire dal XVII secolo, ha sparso nei musei di tutto il mondo. Vale ricordare il barone Franz von Koller, intendente generale dell’esercito austriaco che tra il 1821 e il 1826 in una campagna di scavi condotta a Ceglie del Campo portò via oltre mille reperti e che oggi sono in mostra nei musei di mezzo mondo.

Cartina della Japigia del V sec. A.C.

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